La notte dei quarti di finale dell’NBA Cup aveva un sapore diverso: tensione, ambizione, e quella sensazione che il futuro della lega stesse passando proprio da questa partita. Da una parte i Phoenix Suns, squadra costruita su stelle e talento puro. Dall’altra, i campioni in carica, gli Oklahoma City Thunder, giovani, affamati, e con una striscia di vittorie che sembra uscita da un videogioco: 24 successi stagionali e una sola, misera sconfitta. E sul parquet si è visto subito il perché.
Shai Gilgeous-Alexander ha illuminato il campo come un faro nella tempesta: penetrazioni morbide, tiri impossibili resi semplici, calma glaciale nei momenti importanti.
Phoenix ha provato a rispondere con Booker e Durant, fiammate di talento puro, momenti in cui il pallone sembrava bruciare d’oro nelle loro mani.
Ma ogni volta che i Suns si avvicinavano, OKC trovava un modo per rialzare la testa: una tripla dell’angolo, una stoppata assassina, un contropiede che strappa applausi.
A metà del quarto periodo, la partita ha smesso di essere equilibrata: il Thunder ha premuto sull’acceleratore fino a spaccare il ritmo.
Giovani, veloci, coraggiosi, senza paura di giocarsi ogni possesso come se fosse l’ultimo.
Alla sirena finale, il tabellone era chiaro come un temporale in arrivo:
OKC vince, domina e vola alle semifinali dell’NBA Cup.
Per i Suns, una notte storta.
Per il Thunder, la ventiquattresima vittoria in una stagione che profuma di storia.

